1. Donne e matematica.
La storia delle donne in matematica, che segue nelle sue grandi linee la storia dell'emancipazione femminile di cui fa parte, si può dividere in due grandi periodi. Nel primo, che va dall'Antichità alla fine dell'Ottocento, le donne erano considerate poco più che oggetti di proprietà, proprietà del padre da ragazze, del marito da sposate. Tranne rare eccezioni, soprattutto in Svezia e negli Stati Uniti, non potevano gestire i loro beni, non potevano votare o essere elette, non erano ammesse come testimoni. In particolare non avevano accesso all'istruzione superiore, e spesso nemmeno all'elementare. Anche la rivoluzione francese, che pure aveva tra i suoi testi fondatori la Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino, non sembra considerasse le donne in questa categoria, e fu anche presentata, fortunatamente senza esito, una proposta di legge mirante a proibire che le donne imparassero a leggere.
Con queste premesse, non stupisce che i contributi delle donne alla matematica dall'Antichità fin quasi alla fine dell'Ottocento costituiscano una collana di poche perle isolate; al contrario, ci si deve meravigliare che nonostante tutto ci siano state delle donne che sono riuscite a emergere in un campo che le escludeva sistematicamente a priori.
Questa mostra è una testimonianza del cammino percorso e delle difficoltà che anche in questo campo sono state incontrate e solo in parte superate.
2. Teano e la scuola pitagorica
Forse l'unica eccezione all'emarginazione femminile nell'Antichità è costituita dalla scuola di Pitagora, alla quale, secondo quanto riferiscono Porfirio e Giamblico nelle loro Vite di Pitagora, venivano ammesse anche le donne. Giamblico elenca addirittura 17 donne pitagoriche, limitandosi alle più illustri, mentre Porfirio, parlando di Pitagora, dice:
molti gli divennero compagni, sia della città (né solo uomini, ma anche donne; e una di esse, Teano, divenne famosa), sia re e signori della circostante regione, abitata da barbari.
Teano viene spesso considerata la prima donna matematica, e a volte la si dice anche moglie di Pitagora, a cui secondo le fonti avrebbe dato da due a quattro figli. Altri, tra cui la Suida e Giamblico, parlano di due Teano, una delle quali moglie di Pitagora e l'altra, anch'essa pitagorica, moglie di Brontino. A Teano si attribuiscono sette lettere e alcune sentenze moraleggianti, rivolte alle donne di Crotone. Recentemente si è sostenuto che il trattato Sulla virtù, attribuito a Teano e di cui restano solo pochi frammenti, contenga la teoria della sezione aurea, ma questa attribuzione è molto incerta e comunque nessuna fonte antica parla di un interesse specifico di Teano per la matematica.
3. Ipazia di Alessandria
Benché nessuna delle sue opere sia giunta fino a noi, Ipazia è stata senza dubbio la prima donna che abbia dato contributi sostanziali alla matematica. Figlia del matematico Teone, fu l'ultima erede della famosissima Scuola di Alessandria, che aveva avuto tra i suoi membri gran parte dei più famosi matematici dell'antichità: Euclide, Apollonio, Eratostene, Diofanto, Pappo, Tolomeo. Suo padre Teone aveva procurato una nuova edizione degli Elementi di Euclide, che sarebbe rimasta il testo di riferimento per quindici secoli, e aveva scritto un Commentario all'Almagesto di Tolomeo, nella redazione dei quali Ipazia aveva quasi certamente collaborato. Oltre a questi, la Suida attribuisce ad Ipazia dei commenti alle Coniche di Apollonio e all'Aritmetica di Diofanto, ma nulla ci è giunto tranne i titoli.
Per gli storici contemporanei o immediatamente successivi, Ipazia fu soprattutto un esponente della filosofia neoplatonica. In questa veste ebbe discepoli e ammiratori; uno di questi, Sinesio di Cirene, le scrisse lettere piene di rispetto e venerazione. Probabilmente proprio la sua popolarità fu la causa della sua morte. Come racconta Socrate Scolastico, ella giunse ad un tale grado di cultura, che superò di gran lunga tutti i filosofi suoi contemporanei. Per la magnifica libertà di parola ed azione, che le veniva dalla sua cultura, accedeva in modo assennato anche al cospetto dei capi della città e non era motivo di vergogna per lei lo stare in mezzo agli uomini. Per questo motivo, allora, l'invidia si armò contro di lei. Alcuni, dall'animo surriscaldato, guidati da un lettore di nome Pietro, si misero d'accordo e si appostarono per sorprendere la donna mentre faceva ritorno casa. Tiratala giù dal carro, la trascinarono fino alla chiesa che prendeva il nome da Cesario: qui, strappatale la veste, la uccisero colpendola con i cocci. Dopo che l'ebbero fatta a pezzi membro a membro, trasportati questi pezzi al cosiddetto Cinerone, cancellarono ogni traccia di lei nel fuoco. L'ispiratore e l'istigatore di questo assassinio fu con ogni probabilità il vescovo Cirillo, poi santificato, che in lei vedeva un ostacolo all'affermarsi del cristianesimo. Con la morte di Ipazia ebbe termine anche la scuola matematica alessandrina, e con essa la matematica del mondo classico.
4. Maria Gaetana Agnesi
Primogenita dei ventuno figli di Pietro Agnesi, un ricco borghese milanese, Maria Gaetana dimostrò fin da bambina le sue doti intellettuali: a cinque anni parlava francese e più tardi giunse a conoscere varie lingue, tra cui il latino, il greco e l'ebraico. La casa paterna era un punto d'incontro di scienziati e intellettuali milanesi, e a queste riunioni l'Agnesi partecipava attivamente, discutendo temi scientifici e filosofici che raccolse e pubblicò in un volume dal titolo Propositiones philosophicae, in cui tra l'altro si sosteneva la necessità di un'istruzione superiore aperta alle donne. All'epoca aveva appena 20 anni.
Religiosissima, avrebbe voluto prendere i voti, ma per l'opposizione paterna vi rinunciò, pur conducendo una vita appartata. Nel 1740, anche a seguito dell'incontro con il monaco olivetano Ramiro Rampinelli, cominciò a comporre le Istituzioni analitiche ad uso della gioventù italiana, un'opera che venne pubblicata nel 1748 e che le procurò un immediato riconoscimento internazionale. In essa, per la prima volta in Italia, venivano trattati diffusamente la geometria cartesiana e il calcolo infinitesimale. Quest'ultima parte venne tradotta in francese e più tardi in inglese.
A seguito della pubblicazione delle Istituzioni, le venne offerta la cattedra di matematica all'Università di Bologna, ma benché per più di 45 anni fosse inscritta tra i professori, non vi mise mai piede. Nel 1752, alla morte del padre, Agnesi abbandonò completamente gli studi per dedicarsi alla religione e alle opere di carità, trasformando la sua casa in un rifugio per donne inferme. Quando poi nel 1771 venne aperto il Pio Albergo Trivulzio, l'Agnesi fu nominata Direttrice delle Donne, specialmente inferme, e dal 1783 prese la direzione di tutto il Pio Albergo, che mantenne fino alla morte nel 1799.
5. Sophie Germain
Sophie Germain è uno degli ultimi esempi di matematica autodidatta, cosa che diventerà praticamente impossibile verso la metà dell'Ottocento. La sua passione per la matematica ebbe origine durante la Rivoluzione francese, quando costretta a rimanere in casa per lunghi periodi cominciò a studiare l'algebra e il calcolo infinitesimale. All'apertura dell'école Polytechnique, alla quale le donne non erano ammesse, riuscì a procurarsi le note dei corsi che vi si tenevano, in particolare quelle delle lezioni di Lagrange. A quest'ultimo mandò un suo lavoro di analisi, sotto lo pseudonimo maschile di M. LeBlanc, che avrebbe continuato a usare anche nella sua corrispondenza con Gauss.
Sia Lagrange che Gauss furono impressionati favorevolmente dalla competanza della loro interlocutrice, che Gauss invitò ad affrontare uno dei problemi più difficili della matematica: l'ultimo teorema di Fermat (l'equazione xn + yn = zn non ha soluzioni intere per n>2). I lavori di Germain non portarono ovviamente alla soluzione, trovata solo alla fine del Novecento, ma costituirono un passo importante per la dimostrazione nel caso n=5. Più tardi, Sophie si interessò a problemi di elasticità, riportando, dopo alcuni tentativi infruttuosi, il premio dell'Académie des Sciences. Anche a causa di questo successo, fu la prima donna ad essere ammessa alle sedute dell'Académie.
Sophie Germain morì a 55 anni di cancro. Poco tempo prima Gauss aveva ottenuto che le venisse conferita la laurea honoris causa da parte dell'Università di Göttingen, una laurea che Sophie non fece in tempo a ricevere.
6. Ada Byron Lovelace
Ada Byron, contessa di Lovelace, è ricordata per un unico contributo alla matematica. Il padre di Ada, il famoso poeta George Gordon Byron, si separò dalla moglie all'inizio del 1816, un mese dopo la nascita della bambina, e lasciò l'Inghilterra per morire in Grecia quando Ada aveva sei anni. La sua educazione venne determinata dalla madre, sotto la cui direzione i suoi numerosi insegnanti la indirizzarono verso la matematica, all'inizio in contrasto con le sue inclinazioni.
La svolta nella vita di Ada avvenne nel 1833, quando incontrò Charles Babbage e visitò il suo studio, dove vide la "macchina analitica", una sorta di computer meccanico inventato e costruito da Babbage. Alcuni anni più tardi, l'interesse di Ada Byron, nel frattempo sposata con William King, conte di Lovelace, venne risvegliato dalla pubblicazione dell'articolo di Luigi Federico Menabrea, Notions sur la machine analytique de Charles Babbage, che su suggerimento di quest'ultimo tradusse in inglese, corredandolo di note e applicazioni a svariati problemi. Nelle note, che da sole costituivano più del triplo dell'articolo originale, Ada Byron descriveva per la prima volta come la macchina poteva essere programmata ed esibiva quello che molti considerano il primo programma per un computer.
Dopo la pubblicazione delle note, avvenuta nel 1843, la salute di Ada cominciò a peggiorare, e non portò avanti nessuno dei progetti che aveva in mente. Cominciò anche ad abusare col vino e a scommettere sui cavalli; alla sua morte lasciò un debito di 2000 sterline. Ada Byron Lovelace morì di cancro nel 1852.
7. Sofia Kovalevskaja
L'incontro di Sofia (Sonia) Kovalevskaja con la matematica avvenne per un errore di calcolo. La carta che suo padre aveva acquistato per tappezzare la casa era troppo poca, e per la stanza di Sofia vennero usate le pagine di un libro di analisi. Sofia, che all'epoca aveva 11 anni, rimase affascinata da quel mondo di simboli e decise che avrebbe studiato matematica. Poiché le università russe non ammettevano studentesse, e le donne russe nubili non potevano andare all'estero senza il permesso del padre, Sofia contrasse un matrimonio di comodo con Vladimir Kovalevskij, e nel 1869 lasciò la Russia per andare a Heidelberg. Lì si accorse che come in Russia le donne non potevano iscriversi all'università, ma se non altro le fu concesso di ascoltare le lezioni
. Due anni dopo Sofia si trasferì a Berlino, per seguire i corsi di Karl Weierstrass, all'epoca il massimo matematico europeo; e quando questo le fu vietato, Weierstrass per quattro anni le diede lezioni private. Finalmente nel 1874, dopo aver scritto un importante lavoro sulle equazioni alle derivate parziali, conseguì il dottorato, ma nonostante l'appoggio di Weierstrass non riuscì ad ottenere un contratto di insegnamento. Solo nel 1883 Gösta Mittag-Leffler, un matematico svedese allievo di Weierstrass, riuscì a farle ottenere un posto all'Università di Stoccolma, prima come privat-docent e poi nel 1889 come professore, risultando così la prima donna in epoca moderna a ricoprire una cattedra di matematica all'università.
Gli anni di Stoccolma furono molto proficui scientificamente, e Sofia Kovalevskaja ottenne riconoscimenti internazionali, tra i quali il Premio Bordin dell'Académie des Sciences.
Nel 1891, all'apice della sua carriera scientifica, morì di un'influenza degenerata in polmonite.
8. L'accesso all'università
Nell'ultimo quarto dell'Ottocento si registra un'apertura, almeno formale, all'accesso delle donne all'istruzione superiore. Se pure con tempi e modalità diverse, alla fine del secolo la maggior parte delle scuole superiori e delle università vengono aperte alla presenza femminile. Negli Stati Uniti le decisioni furono prese dalle singole università, in Germania dai vari Lànder, ma nella maggior parte degli stati fu la legislazione nazionale che cambiò per permettere l'accesso alle donne.
Naturalmente la possibilità normativa non implicò immediatamente un'uguaglianza di opportunità, e sarebbe occorso ancora del tempo prima che la presenza femminile nelle università divenisse percentualmente apprezzabile.
9. Donne e università in Italia
In Italia le donne furono formalmente ammesse all'Università nel 1875, quando venne emanato un regolamento generale universitario che per la prima volta consentiva esplicitamente alle donne l'accesso all'Università, alle stesse condizioni degli uomini (R.d. 3 ottobre 1875, n. 2728). Restava però uno scoglio non facilmente sormontabile: per iscriversi all'università era necessaria la licenza liceale, e ben poche donne potevano iscriversi al liceo, non perché fosse proibito, ma per la forza della tradizione, fortemente avversa alle classi miste, e per la difficoltà di instituire licei femminili.
Così la prima laureata in Italia fu una studentessa straniera, Ernestina Paper, che dalla Russia, proprio per poter studiare, si era iscritta all'università di Berna, e di lì si era trasferita a Pisa, dove si laureò in medicina nel 1877.
Dovettero passare alcuni decenni prima che il numero delle laureate fosse significativo, e ancora nel 1930 le femmine iscritte all'università erano circa 6.000 contro 40.000 maschi. Negli anni cinquanta le studentesse giunsero a un quarto del totale degli iscritti, e all'inizio degli anni novanta le femmine superarono in numero i maschi. Nel 2008 risultavano iscritte circa un milione di ragazze su un totale di 1.700.000 studenti.
10. I diritti politici
Uno dei passaggi chiave dell'emancipazione femminile fu la rivendicazione dei diritti politici, in particolare del diritto di voto. Per tutto l'Ottocento le donne ne erano state sistematicamente private, e verso la fine del secolo nacquero numerosi comitati per reclamare l'estensione del voto, che però nonostante l'impegno e la dedizione delle partecipanti non portarono a risultati concreti. In Europa, solo la Finlandia (1906) e la Norvegia (1913) adottarono il suffragio universale prima della grande guerra.
La prima guerra mondiale, che aveva richiesto alle donne un enorme impegno in lavori solitamente riservati agli uomini, portò con sé il voto femminile in molte nazioni: in Danimarca nel 1915, in Canada nel 1917, nel 1918 in Austria, Germania, Regno Unito, Russia, Polonia, Ungheria, Estonia, Lettonia e Lutuania; nel 1919 in Belgio, Lussemburgo, Olanda e Svezia, nel 1920 in Cecoslovacchia e Stati Uniti. Nel 1931, a seguito dell'instaurazione della repubblica, il suffragio universale viene introdotto in Spagna, e nello stesso anno in Cile, nel 1932 in Brasile e nel 1934 a Cuba. In precedenza ciò era avvenuto nel 1929 in Romania e nel 1930 in Turchia.
Anche la fine della seconda guerra mondiale vide un nuovo passo avanti: nel 1944 le donne poterono votare in Francia, nel 1945 in Italia, in Giappone, in Jugoslavia e in Indonesia, nel 1946 in Venezuela, nel 1947 in Argentina e in India. Negli anni seguenti, anche a seguito della Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo, adottata dalle Nazioni Unite nel 1948, il suffragio universale si estese via via alle altre nazioni, e oggi almeno formalmente è riconosciuto in quasi tutti gli stati.
11. Emmy Noether
Prima di quattro figli del matematico Max, Emmy Noether nacque nel 1882. Dopo aver studiato francese e inglese, in vista di dedicarsi all'insegnamento delle lingue, si rivolse allo studio della matematica all'Università di Erlangen, dove il padre insegnava, e dove dopo varie vicende conseguì il dottorato nel 1907. A Erlangen rimase ancora per alcuni anni, anche per assistere il padre malato. Nonostante che, essendo una donna, le fosse vietata la carriera accademica, i suoi lavori matematici la fecero conoscere anche all'estero: nel 1908 fu eletta al Circolo Matematico di Palermo, allora uno dei più importanti istituti internazionali, e nel 1909 al Deutsche Mathematiker Vereinigung.
Nel 1915, su invito di David Hilbert e Felix Klein, si trasferì all'Università di Göttingen, dove però non le venne concesso di tenere un corso ufficiale se non con il sotterfugio di far figurare Hilbert come titolare, mentre lei teneva le lezioni. Durante gli anni trascorsi a Göttingen ottenne rispetto e stima a livello mondiale per i suoi innovativi lavori in matematica, venendo invitata a tenere una conferenza plenaria al Congresso Internazionale dei Matematici di Zurigo nel 1932. L'anno seguente il governo nazista della Germania le vietò l'attività di insegnamento in quanto ebrea. Emigrò di conseguenza negli Stati Uniti d'America, dove ottenne un posto al Bryn Mawr College in Pennsylvania. Contemporaneamente tenne una serie di lezioni sui suoi risultati all'Institute for Advanced Study di Princeton. Nel 1935 si sottopose ad un intervento chirurgico per una cisti ovarica in seguito al quale, nonostante i segni iniziali di ripresa, morì dopo quattro giorni.
Albert Einstein, che l'aveva conosciuta a Princeton, scrisse al New York Times: A giudizio dei più competenti matematici, la signorina Noether è stata il più importante e creativo ingegno matematico da quando è cominciata l'educazione superiore delle donne. Nel campo dell'algebra, un settore in cui i matematici più dotati si sono affaticati per secoli, essa ha scoperto metodi che si sono dimostrati di enorme importanza nella formazione della odierna generazione di giovani matematici.
12. Emma Castelnuovo
Figlia di Guido Castelnuovo e nipote di Federigo Enriques, due tra i massimi matematici italiani della prima metà del Novecento, Emma respirò matematica fin dall'infanzia. Nel 1936 si laureò discutendo una tesi di geometria algebrica, il principale campo di ricerca del padre e dello zio, e dopo due anni vinse un concorso a cattedra per la scuola media. Non poté però insegnare a causa delle leggi razziali promulgate proprio in quell'anno, leggi che precludevano agli ebrei l'insegnamento nelle scuole pubbliche. Insegnò allora alla scuola ebraica fino al 1943, quando insieme alla sua famiglia dovette nascondersi per sfuggire ai rastrellamenti nazisti.
Dopo la guerra fu reintegrata nell'insegnamento presso la Scuola media Torquato Tasso di Roma, dove sarebbe rimasta fino alla pensione. Nel frattempo, nel 1944 aveva fondato l'Istituto Romano di Cultura matematica, rivolto agli insegnanti, la cui attività sarebbe durata fino al 1949.
I suoi interessi furono sempre rivolti alla didattica della matematica, paladina di un metodo di insegnamento attivo, nel quale l'allievo, a partire dall'osservazione, partecipa direttamente all'elaborazione dei concetti matematici. Questo metodo, all'epoca estremamente innovativo, trovò la sua applicazione nel suo libro Geometria intuitiva, che ha avuto innumerevoli edizioni in varie lingue.
Fin dal 1951 entrò a far parte della Commissione internazionale per lo studio e il miglioramento dell'insegnamento della matematica, di cui fu presidente dal 1979 al 1981.
13. L'insegnamento universitario
Se alla fine dell'Ottocento il diritto delle donne a frequentare l'università poteva considerarsi acquisito, ben altra era la situazione nella ricerca, in particolare della ricerca matematica, che ormai si svolgeva esclusivamente nelle università e in poche accademie, dove raramente le donne riuscivano a ottenere una posizione retribuita. Nell'Ottocento il caso di Sofia Kovalevskaja, che insegnò all'Università di Stoccolma, fu isolato e irripetibile, e anche nel Novecento una matematica di prim'ordine come Emmy Noether non riuscì ad ottenere una cattedra in Germania.
In Italia, la prima donna professore ordinario di matematica fu nel 1921 Pia Nalli (1886-1964), seguita nel 1939 da Maria Pastori (1895-1975), da Maria Cibrario Cinquini (1905-1992) nel 1947 e da Maria Biggiogero Masotti (1894-1977) nel 1951.
Intorno agli anni 70 la situazione cominciò a cambiare significativamente, e la presenza delle donne ai vari livelli accademici crebbe significativamente, anche se è difficile avere delle statistiche precise a causa delle continue riforme dell'Università, che hanno abolito alcune figure (assistenti, professori aggregati) introducendone altre (ricercatori, professori associati). I grafici qui riportati illustrano la situazione negli anni dal 1997 al 2013.
14. Maryam Mirzakhani
Maryam Mirzakhani è stata la prima donna a ottenere nel 2014 la medaglia Fields, per i suoi contributi alla geometria iperbolica e allo studio delle superfici di Riemann. Ideata dal canadese John Charles Fields, la medaglia che porta il suo nome viene assegnata ogni quattro anni a un numero variabile (da due a quattro) di studiosi che non abbiano passato i quaranta anni e che abbiano dato importanti contributi alla matematica. La proclamazione dei vincitori avviene nell'ambito del Congresso internazionale dei matematici. Le prime due medaglie sono state assegnate nel 1936, poi nel 1950 e da allora regolarmente ogni quattro anni, per un totale di 56 vincitori. Nata a Teheran nel 1977, Maryam Mirzakhani ha mostrato fin dall'adolescenza le sue doti matematiche, vincendo due medaglie d'oro alle Olimpiadi internazionali della matematica nel 1994 e 1995. Nel 1999 si è laureata in matematica alla Sharif University of Technology di Teheran, per poi trasferirsi negli Stati Uniti, dove ha conseguito il dottorato nel 2004 all'Università di Harvard. Nel 2008 è stata nominata professore alla Stanford University in California. Maryam Mirzakhani è morta nel 2017 a soli quarant'anni per un tumore al seno.