1. La trigonometria delle origini
La scienza che oggi chiamiamo trigonometria, letteralmente "misura dei triangoli", è all'origine la parte matematica dell'astronomia, come si sviluppa nell'ambito della matematica greca ellenistica. Pur essendo scarse le notizie su specifici contribuiti pre-greci, si può ragionevolmente affermare che attraverso l'astronomia sia passata ai greci una parte dell'eredità babilonese; in particolare la suddivisione della circonferenza goniometrica in 360 parti e l'uso, che si è conservato fino ad oggi, del sistema sessagesimale per la misura degli angoli. Sempre dalla matematica babilonese viene presa la divisione del raggio in 60 parti, oggi abbandonata.
Essendo al servizio dell'astronomia e ad essa strettamente intrecciata, la trigonometria è all'inizio essenzialmente una trigonometria sferica. Il problema principale consisteva nella determinazione della posizione delle stelle e dei pianeti, per il quale venivano utilizzate delle tavole che mettevano in relazione gli archi con le corde rispettive.
Le prime relazioni tra archi e corde erano note e usate fin dai tempi di Ippocrate di Chio (V secolo a. C.) e di Eudosso di Cnido (IV secolo a. C.), e divennero di uso comune presso gli astronomi dell'età alessandrina come Aristarco di Samo (310âÃÂÃÂ230 a.C. circa) e Eratostene di Cirene (276-194 a.C. circa). Ad Aristarco dobbiamo una stima delle distanze e dei diametri relativi della Luna e del Sole, con un metodo matematicamente corretto ma inficiato da un importante errore di osservazione.
Ma l'iniziatore della trigonometria viene generalmente riconosciuto in Ipparco di Nicea (190-120 a.C.), attivo principalmente a Rodi, a cui si devono le prime tavole delle corde utilizzate per i calcoli astronomici, oggi perdute am citate da vari autori classici. In astronomia, si devono a Ipparco la scoperta della precessione degli equinozi, e la determinazione dell'anno solare in 365 giorni e 6 ore meno 1/300 di giorno.
2. I maggiori contributi greci
Contributi successivi sono dovuti a Teodosio di Tripoli (I secolo a.C.) e a Menelao di Alessandria (I-II secolo d.C.), autori di trattati di geometria sferica che ci sono pervenuti il primo nella versione originale, il secondo grazie a una traduzione araba.
La maggior parte delle notizie sui metodi trigonometrici greci ci viene però dalla più importante opera astronomica dell'antichità, la Composizione matematica di Tolomeo Claudio (II secolo d.C.), meglio nota con il nome arabo di Almagesto. Questa contiene una tavola delle corde che procede di mezzo grado in mezzo grado e una esposizione dei metodi usati per la costruzione.
Ruolo centrale nei calcoli era svolto dal cosiddetto "teorema di Tolomeo", da cui si ricavano le corde della somma e della differenza di due archi, nonché una formula di bisezione, sempre relativa alle corde. Poiché sono note le corde di 72° e di 60° (lati del pentagono e dell'esagono regolare), per sottrazione si ricava la corda di 12°, e da questa per successive bisezioni quelle di 6°, di 3° , di 1° 30' e di 45'. Più difficile è il calcolo della corda di 1°, che Tolomeo ottiene per interpolazione tra quelle di 1° 30' e di 45'.
3. La trigonometria indiana
Anche nella matematica indiana del periodo classico (III - XII secolo d.C.) la trigonometria risulta strettamente intrecciata con gli studi astronomici. A partire dall'Aryabhatiya, breve opera in versi del matematico Aryabhata (476 - 550), si registra la comparsa del seno (ardha-jya, mezza corda) in alternativa alla corda.
Oltre al seno vengono introdotte altre due funzioni, note come kojya e ukramajya, corrispondenti rispettivamente al coseno e al senoverso (= 1 âÃÂàcoseno), oggi in disuso. In questo modo vengono semplificate le relazioni tra corde e archi, e nel contempo, soprattutto ad opera dei successori di Aryabhata, vengono studiate le relazioni tra queste tre funzioni e tra il seno di un arco e quello di suoi multipli e sottomultipli.
Il periodo classico della matematica indiana si conclude con l'importante trattato astronomico Siddhanta Siromani di Bhaskara II (noto anche come Bhaskaracharya, 1114-1185). Qui si trova un intero capitolo dedicato alla trigonometria sferica in cui la disciplina inizia ad essere trattata autonomemente, in maniera indipendente dai calcoli astronomici. Compaiono così nuove relazioni tra le funzioni trigonometriche, tra cui le formule che danno il seno della somma e della differenza di due archi.
Nel periodo successivo spicca la figura di Madhava di Sangamagramma (1350-1425). A lui si attribuisce una formula che esprime la lunghezza di un arco tramite il seno e il coseno e che corrisponde allo sviluppo in serie dell'arcotangente. Attraverso questa formula egli ottenne anche un'approssimazione di πÃÂàcon undici cifre esatte.
4. La trigonometria araba
Presso gli arabi l'eredità indiana e quella greca si fondono ponendo le basi per una nuova disciplina dalla forma sempre più simile a quella attuale. L'incontro dei matematici arabi con la trigonometria indiana risale alla seconda metà dell'VIII secolo, mentre a partire dall'inizio del IX secolo, si sviluppa una potente astronomia di matrice greca, con lo studio dell'Almagesto di Tolomeo e delle opere di geometria sferica di Menelao, Autolico e Teodosio da cui si attingono gli strumenti, i metodi e i risultati fondamentali, modernizzandoli con l'introduzione del seno indiano. Allo sviluppo della trigonometria araba, oltre alle applicazioni astronomiche, concorrono anche motivi religiosi, in primo luogo la determinazione della direzione della Mecca, che anche oggi si trova indicata da una nicchia (miáş¥rÃÂb) in ogni moschea.
La fine del X secolo segna un punto di svolta con la formulazione e la stesura di nuove e più semplici relazioni e un assetto più sistematico dato all'intera teoria. Fondamentali in questo senso le opere di Abà «'l-Wafà(940-998) in cui compare ad esempio la legge dei seni per il triangolo sferico. Nella versione moderna questa legge si ritrova più tardi nel Trattato del quadrilatero di Nasir al-Din al-Tusi (1201-1274). Con al-Tusi la trigonometria è divenuta una disciplina autonoma, oggetto di studi e trattati svincolati dalle sue immediate applicazioni astronomiche.
5. Le grandezze trigonometriche
Nella trigonometria araba iniziano ad essere impiegate tutte le comuni funzioni trigonometriche. Accanto alle funzioni di origine indiana, seno, coseno e senoverso, fa la sua comparsa la tangente già a partire dalla seconda metà del IX secolo.
I primi utilizzi della tangente appaiono in connessione con la costruzione delle meridiane, una scienza che si raffina anche sotto la spinta di problemi legati direttamente alla pratica religiosa come la determinazione delle ore della preghiera. La tangente, chiamata ill ossia "ombra", è infatti la lunghezza dell'ombra proiettata su una parete verticale da un'asta orizzontale unitaria, mentre un'asta verticale dà la cotangente, o ombra inversa. Una delle prime importanti ed estese attestazioni del suo uso si trova nell'opera dell'astronomo Habash al-Hasib (IX secolo) che ne fornisce anche una tavola di valori. Anche secante e cosecante sono date dall'ombra dello gnomone, rispettivamente come ipotenuse dell'ombra diretta e inversa. Il primo studio ampio e sistematico di tutte queste grandezze si deve ancora ad Abà «'l-WafÃÂ, che ne stabilisce le principali relazioni. A lui si attribuisce anche l'introduzione del cerchio di raggio unitario, che viene usato tuttora.
6. La compilazione delle tavole
Le prime tavole trigonometriche, a partire da quelle di al-Hasib per seno e tangente, vengono compilate riscrivendo per le nuove funzioni la tavola delle corde di Tolomeo. La realizzazione di tavole sempre più precise, con la riduzione dell'intervallo minimo dell'arco e l'aumento del numero di cifre significative, porta allo sviluppo di nuove tecniche di calcolo e alla ricerca di formule di interpolazione più efficienti.
Ibn Yunus (circa 950-1009), uno dei più grandi astronomi arabi, nel suo al-Zij al-Kabir al-Hakimi fornisce una tavola dei seni compilata per intervalli pari a un minuto e con nove cifre. Come per le tavole di Tolomeo, un punto chiave è la determinazione del seno dell'angolo di 1°. Passi importanti sono compiuti da Ibn Yunus, che usa un procedimento per bisezioni successive analogo a quello seguito da Tolomeo, ma apportando infine una correzione al valore ottenuto da quest'ultimo per interpolazione, e da Abà «'l-WafÃÂ, il cui metodo si ritrova nei testi fino al XV secolo.
Il punto massimo nella produzione di tavole trigonometriche viene raggiunta dagli astronomi che operano nel grande osservatorio fatto costruire nel 1428 a Samarcanda da Ulugh Beg. Tra questi si distingue Jamshëd al-KÃÂshë (1380-1429), una delle ultime grandi figure della matematica araba. In particolare, nel suo Trattato della corda e del seno, al-KÃÂshë calcola il seno di 1° con un metodo completamente innovativo, che lega la trisezione dell'angolo di 3° alla soluzione approssimata di un'equazione di terzo grado.
7. La penetrazione in Occidente
Attraverso le prime traduzioni latine di opere arabe fatte in Europa a partire dal XII secolo, iniziano a penetrare in occidente anche alcune opere di trigonometria. Ma per tutto il periodo medievale la diffusione e lo sviluppo di questa disciplina sono molto lenti e limitati.
Elementi di trigonometria compaiono già nell'opera di Leonardo Fibonacci (1170-1240 circa), un autore che in qualche modo segna il momento in cui il mondo occidentale inizia a colmare il divario rispetto ai progressi della matematica compiuti dagli arabi. Nella Practica geometriae egli tra i primi utilizza il seno, indicandolo con il latino sinus arcus rectus.
Il termine sinus, da cui deriva il nostro seno, ha origine da successive traslitterazioni e traduzioni. Quando la trigonometria indiana penetrò nella matematica araba, il termine indiano jya, che indica il seno, non venne tradotto ma semplicemente traslitterato in jiba, una parola senza significato proprio. Più tardi, i traduttori dall'arabo al latino, cercando di dare un significato al termine, lo lessero come jaib (in arabo le vocali vengono indicate solo sommariamente, quando non vengono trascurate del tutto), che significa piegatura, insenatura, e lo tradussero sinus, o anche sinus rectus per distinguerlo dal sinus versus, l'indiano ukramajya.
à â¬Âà ¥Âà â¬Â¯Ã â¬Åž (jya) jiba ìÃÂÃÅ¡ jaib
sinus seno
8. Le misure a vista
Se per molti versi l'opera di Fibonacci costituirà il modello per i successivi trattatelli di geometria pratica, ciò non si può dire per le poche nozioni di trigonometria lì presenti, che vengono sistematicamente espunte.
Le poche tracce che si riscontrano riguardano essenzialmente quelle applicazioni legate alla geometria pratica e in particolare le misurazioni di distanze, altezze o profondità o estensioni di superfici varie. In molti casi i problemi vengono dall'ambiente militare, e riguardano misurazioni di distanze e altezze di fortificazioni irraggiungibili perché presidiate dal nemico, o anche del disegno di piante e contrafforti, utili per la costruzione e la difesa delle fortezze. Le applicazioni civili sono per lo più dirette alla misura di terreni, sia per scopi catastali che per divisioni ereditarie.
Benché si tratti essenzialmente di risoluzione di triangoli, quasi mai vengono usate le tavole trigonometriche, il cui utilizzo resta legato all'astronomia. Si fa uso invece di semplici strumenti, come il bastone di Giacobbe e il quadrato, o anche di strumenti astronomici come il sestante o l'astrolabio, mentre la parte matematica resta limitata alla considerazione di triangoli simili, in particolare tramite il teorema di Talete.
9. I primi contributi in Occidente
È di nuovo la spinta delle necessità dell'astronomia a segnare, nella seconda metà XV secolo, i primi contributi significativi degli studiosi europei. Georg Peurbach (1423-1461) calcolò una nuova tavola di seni con intervalli di 10' in 10'. Johann MÃŒller (1436-1476), detto Regiomontano, prosegue l'opera fornendo altre tavole, fra cui una dei seni di primo in primo, pubblicata postuma. Con queste tavole si abbandona definitivamente la forma sessagesimale per esprimere i valori dei seni; la precisione, prima dell'avvento della rappresentazione decimale delle frazioni, è data dalla grandezza del raggio goniometrico. Nelle tavole di Peurbach questo è pari a 600.000 unità, e in Regiomontano a 6 milioni e poi a 10 milioni. Regiomontano è però soprattutto da ricordare come autore del primo trattato di trigonometria composto in occidente, il De triangulis omnimodis, scritto nel 1464 ma pubblicato solo nel 1533, in cui si trova una parte interamente dedicata alla geometria piana con una chiara formulazione e dimostrazione del teorema dei seni e una serie di problemi sui triangoli.
Fra le trattazioni che fecero seguito all'opera del Regiomontano è da ricordare quella di Nicolò Copernico (1473-1543) dal titolo De lateribus et angulis triangulorum, pubblicata nel 1542 e inserita l'anno successivo nel De revolutionibus orbium coelestium. L'allievo di Copernico, Georg Joachim Rheticus (Retico, 1514-1574) rielaborò i risultati del maestro e quelli di Regiomontano componendo un trattato in due volumi ancor più organico e completo, l'Opus palatinum de triangulis, edito postumo nel 1596 e completato da una monumentale serie di tavole per le sei grandezze trigonometriche, a intervalli di 10" e per un raggio di 10 miliardi. Retico aveva anche calcolato tavole di seni con 15 cifre, che vennero pubblicate da Bartolomeo Pitiscus (1561-1613) nel 1613.
10. La numerazione decimale.
Fra le nuove relazioni funzionali un posto di rilievo occupano le formule di prostaferesi e le correlate formule di Werner, entrate nell'uso generale verso la fine del XVI secolo. Queste formule, che trasformano il prodotto di due grandezze trigonometriche in una somma o differenza, consentono di calcolare il prodotto di due numeri senza effettuare alcuna moltiplicazione, un fatto molto vantaggioso tenendo conto che i calcoli venivano effettuati a mano con valori che nelle tavole comunemente usate arrivavano anche a dodici cifre significative.
Pochi anni dopo il matematico fiammingo Simon Stevin (1548-1620) introduce la scrittura decimale dei numeri frazionari (una scrittura che si trovava sporadicamente già nella matematica araba), che permetterà di fissare definitivamente all'unità il raggio del cerchio trigonometrico. Nonostante l'evidente comodità, la scrittura decimale tarda però ad affermarsi, forse a causa del fatto che frazioni anche semplici davano luogo a una forma decimale infinita, e le tavole trigonometriche continuano a riferirsi a raggi molto grandi, in modo che i seni potessero essere dati da numeri interi. Vengono però progressivamente abbandonati i raggi come 600.000, provenienti dall'antica divisione in 60 parti, e si usano solo potenze di 10.
11. I logaritmi
Un nuovo impulso allo sviluppo delle tecniche trigonometriche viene dall'introduzione nel 1614 dei logaritmi da parte di John Napier (o Nepero, 1550-1617), e indipendentemente dallo svizzero Jost BÃŒrgi (1552-1632) nel 1620. Mediante i logaritmi infatti anche i calcoli trigonometrici potevano essere fortemente semplificati; non è un caso che le prime tavole riportino tutte i logaritmi delle funzioni trigonometriche. In particolare, il logaritmi riducevano la divisione alla differenza, e quindi permettevano di calcolare facilmente la quarta proporzionale dopo tre grandezze, un'operazione assai frequente in astronomia. Parallelamente alla compilazione delle tavole gli sforzi si indirizzano alla ricerca di formule contenenti solamente moltiplicazioni e divisioni, che mediante i logaritmi si possono ricondurre a sole addizioni e sottrazioni, evitando formule miste.
Nel giro di pochi anni, tavole logaritmico-trigonometriche vengono pubblicate un po' dovunque in Europa: nel 1617 a Londra da Henry Briggs (1561-1630), che introduce i logaritmi a base 10, nel 1624 in Germania da Johannes Kepler (1572-1630) e Beni Ursinus (1587-1633), nel 1626 in Francia da Denis Henrion (fine â500-c. 1632), nel 1632 in Italia da Bonaventura Cavalieri (1598-1647). In corrispondenza, i testi di trigonometria si arricchiscono di sezioni in cui si spiega l'uso dei logaritmi e delle tavole relative.
12. L'analisi e le funzioni circolari
Attorno alla metà del Seicento comincia a delinearsi un processo di trasformazione nella visione della trigonometria, che si compirà con l'avvento del calcolo infinitesimale. Fino ad allora le grandezze trigonometriche come seno, coseno, tangente erano essenzialmente delle tavole di valori di cui servirsi per la risoluzione dei triangoli; con l'avvento della geometria cartesiana esse diventano delle curve, per le quali si pongono i problemi tipici delle curve più note, come la determinazione della retta tangente in un punto, della lunghezza di un arco di curva o dell'area racchiusa. Poco più tardi, Newton troverà gli sviluppi in serie delle funzioni trigonometriche e delle loro inverse.
Lo sviluppo del calcolo infinitesimale porta all'introduzione di una nuova misura degli angoli: il radiante, corrispondente a circa 57° 18'. Se gli angoli sono misurati in radianti, risulta limite per x --> 0 sen x/ x = 1
e quindi la derivata di sen x è cos x, con una notevole semplificazione dei calcoli.
Nel Settecento, l'introduzione sistematica dei numeri complessi permette ulteriori sviluppi. Così, all'inizio del secolo, i fratelli Jacob (1654-1705) e Johann (1667-1748) Bernoulli determinano le relazioni che legano le funzioni inverse, come l'arcoseno e l'arcotangente, ai logaritmi dei numeri complessi. De Moivre stabilisce la formula che porta ancora oggi il suo nome. Infine, nell'Introductio in analysin infinitorum (1748), fondamentale opera di rifermento per l'intera analisi, Leonard Euler (1707-1783) dagli sviluppi in serie del seno, coseno e esponenziale dimostra la cosiddetta "formula di Eulero", una relazione che lega gli esponenziali complessi con le funzioni seno e coseno.
13. Le serie trigonometriche
Il riconoscimento del carattere oscillante di sinusoide e cosinusoide portò ben presto all'idea di servirsi delle funzioni seno e coseno per descrivere fenomeni periodici. Il primo tentativo in questo senso riguarda l'acustica e si deve a Daniel Bernoulli (1700-1782). In un lavoro del 1753 egli espresse la funzione che descrive la vibrazione di una corda in un dato istante come somma di onde sinusoidali, il che corrisponde al fatto accettato in acustica che una corda musicale, messa in vibrazione, risponde con una combinazione della armonica fondamentale e dei suoi sovratoni o armoniche superiori.
All'inizio dell'Ottocento Joseph Fourier (1768-1830) si imbatté in una espressione del tutto simile studiando il problema della propagazione del calore in una lamina sottile. Nella sua opera Théorie analytique de la chaleur, pubblicata nel 1822, Fourier insegnò come determinare i coefficienti che compaiono in tale serie e tentò di spiegare come una funzione non regolare come quella che descrive la temperatura iniziale della lamina potesse essere rappresentata da una serie di seni o coseni, un punto in precedenza contestato da Eulero e chiarito successivamente grazie ai contributi di Peter Gustav Lejeune Dirichlet (1805-1859).
14. La topografia
Anche se le origini della topografia sono remote, e possono essere fatte risalire all'opera degli arpedonapti dell'antico Egitto, solo nel XVIII secolo vengono effettuate le prime rilevazioni topografiche di una certa rilevanza. La prima carta topografica di impostazione moderna fu quella della Francia, eseguita nel 1744 da César-François Cassini de Thury (1714-1784). I rilievi consistevano nel dividere il territorio in un reticolo di triangoli, che venivano via via risolti a partire dalla misura di una distanza (la base trigonometrica) e di vari angoli, questi ultimi misurati con il teodolite.
Le misurazioni sono complicate dal fatto che i vertici dei vari triangoli non stanno tutti sullo stesso piano, e quindi oltre alle distanze reciproche (cioè ai lati dei triangoli) occorre determinare anche le loro altezze sul piano orizzontale.
Un passo importante fu compiuto dall'invenzione della celerimensura, introdotta dall'ingegnere italiano Ignazio Porro (1801-1875), grazie alla quale si riducevano al minimo le operazioni sul terreno, e quindi gli errori di misura.
Oggi queste tecniche vengono utilizzate solo per le piccole operazioni, mentre per le grandi opere topografiche si usano strumenti elettronici o tecnologia satellitare.
15. L'analisi armonica
Con il tempo la teoria matematica che impiega le serie e poi anche gli integrali di Fourier, si è fatta sempre più ampia e variegata, configurandosi come un nuovo settore della matematica noto come "analisi armonica", con ruolo trainante in altri settori quali il calcolo infinitesimale, la teoria delle equazioni alle derivate parziali, la teoria dei numeri, l'analisi funzionale, l'analisi numerica.
Dopo gli studi iniziali sulla corda vibrante, la teoria di Fourier torna ad essere utilizzata in acustica dal tedesco Hermann von Helmholtz (1821-1894) che nella monumentale opera, Sulla sensazione di tono (1863), studia i suoni e le armoniche accompagnando la formulazione matematica con verifiche sperimentali e riconoscendo il ruolo centrale delle serie di seni e coseni nella descrizione dei fenomeni acustici.
Il ruolo nelle applicazioni si è fatto da allora sempre più importante, di pari passo con il progredire della conoscenza della natura di vaste classi di fenomeni fisici che presentano una natura ondulatoria. Così l'analisi armonica è ad esempio lo strumento matematico più importante in elettronica.
In acustica, attraverso il teorema di campionamento, è alla base della tecnica che permette la riproduzione della musica, come la realizzazione e l'ascolto di un CD. Ma trova impiego anche in numerosi altri settori, come quello medico-diagnostico, ad esempio nella tomografia assiale (TAC) o nella risonanza magnetica nucleare, fino a quello della radioastronomia.